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MEETING FED

La Federal Reserve nel meeting della scorsa settimana decide di tagliare i tassi di interesse di 0.25 punti base, aumentando inoltre i piani di sostegno alle banche, immettendo liquidità attraverso una serie di aste che mirano a stabilizzare i tassi sul mercato.

Le iniezioni di liquidità sono iniziate questo lunedì e finiranno il 10 ottobre e comprenderanno un plus giornaliero di 75 miliardi di dollari che dovranno aiutare a mantenere i tassi dei Fed funds entro il target prefissato dalla Federal Reserve che si attesta ora a 2%.

Dopo la prima sforbiciata avvenuta a fine luglio scorso dove ci fu il primo taglio dei tassi a distanza di più di un decennio, siamo arrivati anche al secondo taglio consecutivo sulla scia del rallentamento economico globale e sulle incertezze legate all’aumento dei dazi.

La Fed quindi si allinea almeno in questo momento a quello che sta facendo a sua volta la Bce in Europa, cercando così di dare spinta al mercato per allontanare le possibili ripercussioni di un rallentamento economico.

La cosa strana è che per la prima volta non è l’Europa a seguire gli Usa in ambito di politica monetaria ma il contrario. Che sia un segno che gli equilibri economici siano sull’orlo del precipizio?

C’è da dire che i due casi in questione sono ben diversi tra loro.

ECONOMIE

Da una parte abbiamo un’eurozona sempre più stagnante e un rallentamento economico che va a giocare a ribasso con outlook davvero preoccupanti.

Nel caso Usa, come spiegato negli articoli precedenti, lo spazio di manovra che la banca centrale americana ha è ben maggiore rispetto a quello della Bce per potersi tutelare da una possibile nuova recessione.

Il congresso alla fine ha quindi ceduto ancora una volta alle pressioni del presidente Usa.

Il comitato ha avuto la maggioranza con 7 voti favorevoli e tre contrati, due dei quali si sono espressi per tassi invariati mentre solo Bullard spingeva per una riduzione di 50 punti base.

Le aspettative degli analisti sono state quindi rispettate e vorrei ricordare che si attestavano a un 68% per una riduzione di 0.25 punti, cosa ampliamente rispettata nel meeting.

Il mercato però non ha reagito come si pensava, proprio come era avvenuto nel precedente taglio (avvenuto a fine luglio) in cui a causa delle parole di Powell il dollaro invece di deprezzarsi si è rafforzato andando a svalutare gli indici azionari.

Il numero uno della Fed ha rimarcato come l’outlook sull’economia Usa sia favorevole ma la Fed resta alla finestra pronta a intervenire.

 Se le prospettive diventassero ancora più deboli, “una sequenza più estesa di tagli potrebbe essere appropriata”, ha detto.

“Non lo prevediamo, non è quello che ci aspettiamo ma sicuramente seguiremo questa rotta, se dovesse risultare necessario”, ha poi aggiunto.

TASSI 

Si è però rifiutato di confermare che la Fed è ora più orientata a tagliare i tassi.

“Restiamo dipendenti dai dati”, ha ripetuto. Nessuna indicazione, quindi per il futuro. “Prenderemo le decisioni riunione dopo riunione”.

Tutto questo non è affatto piaciuto al presidente Trump, il quale si è subito scagliato contro Powell per l’ennesima volta accusandolo di non avere fegato, ne una visione per l’economia americana e di aver fallito ancora una volta.

Accuse quindi non proprio leggere da parte del presidente degli Usa.

COMPORTAMENTO DEL MERCATO

Di fatto anche questa volta quindi gli indici azionari a causa delle parole di Powell alla conferenza post rilascio dati non hanno reagito bene.

Questo perché nel futuro della Fed non c’è nessun piano espansivo di lungo termine e questo ha scoraggiato gli investitori che vorrei ricordare sono stati indecisi sul da farsi fino all’ultimo, anche dopo il rilascio dei dati.

Da come vediamo dal grafico qua sotto del NASDAQ e del S&P500 possiamo vedere che gli investitori non hanno preso con grande entusiasmo il pensiero della Fed.

Il cambio Eur/Usd ha mostrato grande indecisione sul movimento da intraprendere. Andiamo ora ad analizzare i 3 grafici appena citati.

NASDAQ:                                                            S&P500:

meeting fed

Sia nel grafico del Nasdaq che in quello del S&P500 possiamo notare come, dopo aver raggiunto la zona dei massimi precedenti e averli ritestati, il prezzo non è riuscito a rompere la zona di resistenza con un movimento impulsivo a rialzo, per poi continuare il rally rialzista segnando nuovi massimi.

Tutto questo è segno che quanto detto da Powell e dal consiglio direttivo in ambito di politica monetaria da poche speranze che il trend di lungo termine continui a rialzo.

POLITICA FED

Se nel meeting la Fed avesse dato segni di politica espansiva nel lungo termine sicuramente si sarebbe visto una rottura decisa dei massimi precedenti e una cavalcata a rialzo almeno nel medio-breve termine.

Ora invece la questione si fa più delicata, in quanto a spingere per un possibile ribasso oltre alla politica poco permissiva della Fed c’è anche il fronte USA- CINA in cui il consigliere Michael Pillsbury ha dichiarato che se nel breve termine  – nei colloqui di ottobre –  non ci dovessero essere importanti sviluppi su un possibile accordo che soddisferà la parte Usa, a quel punto il presidente Trump potrebbe alzare di molto l’attuale tassa del 30% sui prodotti cinesi.

E pensare che solo una settimana fa il presidente Usa aveva annunciato di posticipare al 15 ottobre l’aumento delle tariffe dal 25 al 30% sui beni cinesi come segno di buona volontà per il raggiungimento di un possibile accordo.

Resta tutto in alto mare fino alla data del prossimo meeting tra Usa e Cina in cui saranno di certo presenti aumenti di volatilità con importanti impulsi.  

EUR/USD:

meeting fed

Anche il cambio euro/dollaro resta in una fase di lateralità.

Il prezzo sta continuamente usando le due aree segnate in giallo come zone di supporto/resistenza che riescono almeno per il momento a tenere il prezzo imprigionato in quest’area.

Da come si nota nel grafico H4, dopo la formazione di un triplo massimo a ridosso di un’importante zona volumetrica, il prezzo ha iniziato la sua discesa frenandosi a ridosso di una piccola sotto area di supporto.

Ora potrebbe essere rotta sempre a ribasso andando a ritestare nuovamente il minimo precedente segnato nella zona di supporto.

Se si guarda il prezzo nel grafico daily invece, si può notare che la zona di resistenza è stata colpita parecchie volte segno che la zona potrebbe essersi fatta più debole e che la difesa dei sellers potrebbe venire meno.

Nel medio termine l’euro può recuperare sul dollaro rompendo le aree di resistenza per partire in un trend a rialzo.

RIPARARSI DALLE NOTIZIE

La settimana scorsa vi avevo detto di monitorare il cambio Nzd/Jpy perché proprio per l’insicurezza del mercato avrebbe potuto dare grande soddisfazione, con una possibile speculazione a ribasso, andando quindi a dar fiducia allo yen.

Vorrei ricordare che nei momenti di insicurezza del mercato lo yen viene sempre apprezzato, come il franco svizzero.

Andiamo a vedere come si è comportato il prezzo e facciamo le dovute considerazioni.

NZD/JPY:

meeting fed

Il prezzo aveva dato già diversi segni di debolezza, spiegati nell’analisi precedente.

Si era arrivati alla conclusione che c’erano tutti i presupposti per poter shortare il cross.

Il prezzo ci ha dato ragione creando una bella gamba ribassista che per il momento potrebbe fermarsi in area 67.000 per poi ripartire con il movimento correttivo a rialzo.

Ancora una volta quindi abbiamo cercato di metterci al riparo da possibili dati macro economici per andare a tutelarci con altri cross meno volatili che in questi casi possono tornare molto utili per ridurre il possibile rischio quando si è a mercato.

Ricordo a tutti infatti che, come dice il master trader Paolo Serafini, per prima cosa bisogna sempre pensare al nostro stop loss e poi andare a vedere se ci sono i presupposti per un rischio rendimento adatto ad entrare a mercato.

In questo cross c’erano tutte le caratteristiche per poter far bene e così è stato.

Ora vi lascio e vi auguro buon trading, ci vediamo alla prossima analisi.

Michele cervellin

 

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